A typical day at the European Commission

by:

 PAULA IRONS
our woman in Brussels

(“Everything You've Always  Wanted to Know About Euroburocrats, But Were Kinda Afraid to Ask”)

 

 

Prima puntata
Lunedì, primo giorno di lavoro

 

Tutto comincia il lunedi mattina, ma in una qualsiasi città d’Europa che non sia Brussels: il vero euroburocrate, infatti, non vive a Brussels, ci lavora. Fa il pendolare (come roadburned Castrichino, che pero’ non ha lo stesso stipendio), si alza alle 5.00 del mattino a Frankfurt-am-Mein, a Oporto, a Toulouse, a Uppsala,  dove risiede l’eurofamigliola - moglie e un numero di figli oscillante tra due e tre (gli stipendi della Commissione sono finanziati in parte dal Vaticano per osteggiare il controllo delle nascite. Vanni, perché non chiedi l’integrazione?) - e si imbarca su un aereo della Virgin con un solo motore funzionante, un solo pilota (due costano troppo e per brevi tragitti non serve…), e decolla. 

 

Il volo è il momento più altamente lirico dell’intera settimana dell’euroburocrate: è difatti l’unica occasione in cui egli vedrà il sole, splendente palla infuocata oltre la grigia coltre di nubi mefitiche che avvolgono il nord Europa. Sopraffatto da un tale spettacolo, vero miracolo della natura che, matrigna, verrà drammaticamente scontato nei giorni a venire, l’euroburocrate non si accorge che il panino  - servito a bordo da una hostess modello “viaggio fantozziano iperscontato” (gamba di legno, occhio di vetro e alito fetente) - è un prodotto “typique de la Belgique” e pertanto strettamente rispondente alle norme alimentari comunitarie: pane di grano geneticamente modificato, burro salato prodotto genuino di vacca con meno di tre mesi di vita, opportunamente bombardata di ormoni altrimenti come cavolo fa a svilupparsi, insalata belga (quella che a Roma si chiama cappuccina) anch’essa geneticamente modificata (difatti a Roma è molto meno verde, mentre a Brussels non appassisce prima di due settimane), prosciutto cotto di vero “porc” al quale hanno fatto pulire gli zoccoli sul disinfettante prima di farlo entrare nel mattatoio; il panino è avvolto in un cellophane di quelli che a contatto con alimenti generano elementi cancerogeni, e a contatto con le mani generano le macchie sulla camicia. 

 

L’euroburocrate divora il suo panino, accompagnato dal tipico caffè lungo (al quale verrà dedicato un capitolo a parte), e si pulisce accuratamente la bocca, le dita, e le macchie sulla camicia con un fazzoletto inumidito di cm.3x2 – misura standard UNI - gentilmente fornito dalla compagnia aerea.

 

Una volta a terra, (l’aeroporto di Brussels è più o meno delle stesse dimensioni di quello di Olbia e non si capisce come possono atterrarci tanti aerei), l’euroburocrate, al quale il lauto compenso corrisposto dall’Euroamministrazione non ha affatto insegnato che si vive una volta sola, prende il treno che lo accompagna dall’aeroporto alla Gare Centrale, e da li’ si imbarca sulla metropolitana che lo condurrà al luogo di lavoro sognato vanamente per anni dal cinquanta per cento degli studenti delle facoltà giuridiche d’Italia: la mitica Commissione. L’euroburocrate, infatti, è talmente solerte che non passa a casa a posare il bagaglio a mano: come i baskettari della SSPA, vaga per le vie della città con il suo trolley come se portasse a spasso un cagnolino, ci va a pranzo, al supermercato,  e lo coccola come Linus la sua coperta: il trolley è il vero status symbol dell’euroburocrate, se non ce l’hai non sei nessuno, solo il trolley ti consente di essere identificato come Colui il Quale Lavora alla Commissione.

 

Finalmente, una volta nel proprio Bureau (attenzione a non chiamarlo “chambre”, un nostro collega che aveva quest’abitudine è rimasto in isolamento per settimane: nessuno osava disturbarlo perché tutti credevano  che stesse riposando) la giornata puo’ cominciare sul serio. La prima operazione è l’accensione del pessé (PC, non “ordinateur”, perché la lingua ufficiale della Commissione è l’inglancese, ibrido anch’esso geneticamente modificato. Ci ho messo due giorni a capire che il pessé era il computer e non un lasciapassare), procedura tutt’altro che semplificata durante la quale si puo’, a seconda delle preferenze e delle necessità, o andare in bagno a far pipi’ o alla caffeteria a berla, cioè, volevo dire, a bere il caffè. Gli euroburocrati più diligenti in realtà non bevono il caffè alla caffetteria, lo prendono solo, perché poi tornano nel loculo (leggi bureau) per berselo in beata solitudine (“uffa che palle essere disturbati da qualcuno che chiacchiera e vuole fare un poco di pablic relescions mentre tu stai già cercando di pensare alla riunione che hai di li’ a una settimana. Non lo sanno questi nuovi venuti che qui alla Commissione si lavora SUL SERIO?”).

 

L’evento tipico del lunedi’ alla Commissione è la riunione informativa sulle attività dell’ufficio. La riunione è opportunamente convocata alle 14.30 del pomeriggio, orario di digestione per gli italiani,  che anche in questa particolare occasione si sono fatti calpestare dai nordici che a mezzogiorno già sono in fila per il pranzo. L’euroburocrate italiano, tuttavia, e contro ogni previsione, riesce ad arrivare in orario, si è perfino lavato i denti dopo pranzo (è l’unica razza che ha questa salutare abitudine, mai visti i bagni cosi’ deserti negli uffici italiani: mentre tu sei nel tuo cessetto, e fai le cose con calma, ti accorgi che gli altri arrivano, espletano, e se ne vanno via senza nemmeno lavarsi le mani), per cui puo’ sfoggiare sapere e sorrisi senza il rischio dello spinacio tra incisivo e canino.

 

La riunione dura circa due ore, spesso tre, ed è il primo manifestarsi del male principale che affligge la Commissione: la réunionite. L’euroburocrate, infatti, non chiede ad un collega di un altro ufficio un parere: ha una riunione con lui (avete mai visto riunioni di due persone? NON “quel genere” di riunioni,  pervertiti!); non va in un altro ufficio per informarsi di una procedura: ha una riunione; se deve collaborare con qualcuno riguardo ad un progetto, ha ugualmente una riunione. Se l’euroburocrate non ha almeno tre riunioni al giorno, e non viene convocato per altre sette alle quali non potrà partecipare (désolé, je suis en réunion), è un fallito.

 

Cosi’ saltando da una riunione all’altra, il nostro euroburocrate alle sette di sera torna nel bureau. Alle sette, non prima, perché l’ultima riunione è stata convocata alle cinque del pomeriggio (esiste una nota interna, emanata dall’ufficio delle pari opportunità, secondo la quale  per non discriminare le donne è VIETATO convocare riunioni dopo le cinque del pomeriggio. I veri euroburocrati hanno aggirato la norma, secondo una prassi italica che a quanto pare non conosce confini, arrivando a fissare riunioni per le otto del mattino). Puo’ finalmente dedicarsi al lavoro d’ufficio, scrivere lettere, esaminare documenti, leggere la posta, e qui si dimostra la vera efficienza dell’euroburocrate: ha solo due ore di tempo per fare tutto il lavoro che un burocrate senza eurostellette  disbriga in un’intera giornata di lavoro……..

 

E cosi’, giunte finalmente le nove di sera, il nostro euroeroe raccoglie il fedele trolley e si avvia, stanco ma soddisfatto, verso l’appartamento in affitto pagato fior di euroquattrini nell’euroarea Schuman, dove si scongelerà un Capitain Igloo (leggi Findus) e si sintonizzerà sul canale preferito, Euronews. Un po’ triste, perché non c’è una riunione di condominio, si accontenterà di una teleconferenza con la mogliettina ed i bimbi assonnati, e quando sarà a letto, tra le lenzuola, sognerà di trascorrere una notte di passione sull’isola di Réunion.

 

Cosi’, tanto per non perdere l’abitudine….

 


Siete nel  ControSito, quintessenza e sublime espressione degli (ex) Allievi birbaccioni del
II Corso-Concorso di Formazione Dirigenziale della
SSPA - Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
la squola che tutto il mondo ci invidia !!!

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un laboratorio collettivo su idea, progetto e realizzazione di Dario Quintavalle


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